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Priamo della Quercia: Gli Ignavi

Il comodo silenzio

AnoniCloud è un servizio di personal cloud storage che si fonda su tre valori essenziali: anonimato, inviolabilità e integrità. Questi principi incarnano la nostra idea di libertà: la libertà di pensiero e la libertà di seguire le proprie passioni. Siamo convinti che ogni individuo debba essere libero di realizzarsi in armonia con i suoi simili e con la natura che lo circonda.

Uno degli aspetti fondamentali della libertà è il diritto di accedere a informazioni libere e imparziali, per poter formare le proprie opinioni e preferenze in piena autonomia, avendo a disposizione tutti gli elementi necessari.

La scorsa settimana, Pavel Durov, fondatore di Telegram, è stato arrestato dalle autorità francesi con accuse che riteniamo pretestuose. A nostro avviso, queste accuse potrebbero essere rivolte a chiunque produca strumenti come personal computer, telefoni o persino coltelli da cucina, poiché anche questi possono essere utilizzati per scopi contrari alla Legge Naturale.

Pochi giorni fa, X è stato bloccato in tutto il Brasile per combattere le cosiddette “fake news”, che ci sembrano sempre più simili a “notizie sgradite al sistema”. Secondo Associated Press, chiunque tenti di accedere a X utilizzando una VPN potrebbe essere multato fino a 8.000 euro al giorno. Non possiamo fare a meno di chiederci cosa possa esserci di tanto terribile su X e Telegram da giustificare interventi così drastici da parte delle autorità. Una frase attribuita a Kamala Harris, candidata democratica alle elezioni americane, ci da una risposta: “Stanno parlando direttamente a milioni e milioni di persone senza nessuna supervisione o regolamentazione”.

Crediamo che sia Telegram che X (precedentemente noto come Twitter) siano mezzi di comunicazione potenti e preziosi. Non è compito dei fornitori di servizi di comunicazione esercitare censura, a meno che essa non sia espressamente richiesta dagli utenti stessi. Vi sembrerebbe accettabile se uno Stato, qualunque esso sia, decidesse quali telefonate potreste ricevere sul vostro apparecchio telefonico?

Disapproviamo entrambe queste azioni, che consideriamo intimidatorie e ingiustificate.

Invitiamo i nostri lettori a riflettere su chi ha preso posizione contro queste derive distopiche e su chi, pur proclamandosi difensore delle libertà umane, ha preferito restare in silenzio.

Nel terzo canto della Divina Commedia, Dante colloca coloro che, in tempi di crisi, non prendevano posizione, definiti “ignavi”, nell’Antinferno, un luogo che precede l’Inferno vero e proprio. Gli ignavi sono puniti perché, durante la loro vita, non si schierarono né per il bene né per il male. Dante li considera indegni sia delle gioie del Paradiso sia delle pene dell’Inferno. La loro punizione consiste nel correre nudi dietro a un’insegna, punti da vespe e mosconi, con il loro sangue e le lacrime succhiati da vermi.

Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai.

Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle

facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira.

E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?".

Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli".

E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa".

E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;

e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.

Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.

Incontanente intesi e certo fui
che questa era la setta d’i cattivi,
a Dio spiacenti e a’ nemici sui.

Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi.

Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.

Attribuzioni:
Immagine di copertina: Priamo della Quercia – Canto terzo, Inferno;
Versi: Dante Alighieri, Inferno, terzine da 24 a 69.

Nel 1982, quando avevo 11 anni, per la prima volta ho visto dal vivo un computer. Era un IBM/360; nel 1983, per la prima volta nella mia vita, ho acceso il mio computer. Nel 1985 sulla mia scrivania apparvero un mouse e una scatola con alcuni floppy disk da 5"1/4. Ora ho circa 50 anni; ogni mattina apro il lid del mio MacBook Pro, che è n volte più potente, più veloce e più piccolo di un IBM/360, di un VIC-20 e di un Apple //c insieme. Ma nulla può superare l'emozione che ho provato entrando in quella rumorosa sala macchine, di scrivere su uno schermo così buffo e piccolo e di annusare la plastica dei miei primi supporti di memoria di massa, oramai obsoleti.